Soreness


-Hawkeye, avresti mai immaginato si sarebbe arrivato a tanto?
-No signore, nemmeno nei miei incubi peggiori.

***

Un bambino sui 10 anni aspettava davanti alla porta di una grande casa, tutt’attorno a lui l’edera risaliva sui tralicci che tenevano su quella veranda alquanto decadente, segno che nessuno, negli ultimi anni, si era preso la briga di toglierla per evitare che crescesse tanto. Lo sguardo vagò per tutto il giardino adiacente, rivelando un miscuglio confuso di erbacce, fiori di campagna e vasi rotti.
“Certo che il maestro trascura proprio la sua residenza”.
Sentì un rumore e, voltandosi, vide la porta che si apriva, rivelando una bambina, che ad occhio e croce doveva avere 8 anni, che lo fissava.
-Posso aiutarti? –chiese.
-Si, sono Roy, Roy Mustang. E’ questa la residenza dell’alchimista Hawkeye?
-Si..allora tu sei il suo nuovo allievo. Prego – si allontanò dalla porta – entra pure.
Così il bambino entrò in quel mondo che gli sembrava tanto trascurato, preparandosi a ricevere gli insegnamenti che avrebbero segnato la sua vita.

***

Bang Bang Bang

Rosso, quello ormai era diventato il colore predominante, più ancora del giallo ocra della sabbia, del marrone della terra e dell’azzurro del cielo.

Rosso.

Nient’altro che quello.

Non importava che fosse sangue nemico o amico, o che derivasse dalle fiamme alte che si sprigionavano con un semplice schiocco delle dita. Quelle dita che avevano accarezzato la sua schiena tante volte.

Rosso.

Era questo, e nient’altro.

***

-Roy, no! Non così! Devi focalizzare! Smettila di pensare all’idea di creare! Pensa al cerchio, devi concentrarti su quello!
Un uomo non più giovane cercava di spiegare una cosa a lui semplicissima ad un ragazzino, il quale, dal canto suo, avrebbe voluto dire che quel “semplicissimo” corrispondeva a un enorme sforzo di concentrazione. Certo il fatto di avere un maestro che sbraitava vicino a lui non aiutava!
Questo pensava, ma dalla sua bocca uscì la frase che ormai pronunciava un numero infinito di volte al giorno.
-Si maestro.

-Lascia, ti aiuto.
Detto questo Roy prese il piatto dalle mani di Riza e prese ad asciugarlo con il panno preposto.
-Signor Mustang, dovrebbe passare il tempo a studiare, non aiutandomi con le faccende domestiche.
Replicò la bambina, le maniche della camicia arrotolate fino al gomito, mentre con perizia continuava a lavare e risciacquare i piatti della cena.
-Eddai! Quante volte ti ho detto di chiamarmi Roy, Riza? Almeno quando tuo padre non è presente se hai paura di essere ripresa..
-Io non ho paura di niente! – ribatté accorata la bambina, mentre gli passava, con più forza del previsto, un piatto appena risciacquato.
-Ah ma davvero? Allora che ne dici di una sfida? – chiese Roy.
Uno sguardo perplesso ricambiò quello deciso del ragazzino.
-Questa notte, dopo che il maestro è andato a letto. Ti sfido ad uscire e raggiungere la cima della collina. Io ti aspetterò li. Se non arriverai prima dell’una sarò io il vincitore, in caso contrario avrai vinto tu.
-E cosa ci guadagnerei, signor Mustang? – chiese col suo solito tono la bambina.
-Uhm..fammi pensare. Se vinco io dovrai chiamarmi Roy, se invece vinci tu mi chiamerai signor Mustang e io smetterò di dirti di chiamarmi per nome. Ci stai? – tese la mano per stipulare il patto.
Riza la fissò, indecisa. Alla fine prese una decisione ed afferrò con forza la mano tesa.
-Affare fatto.

***

Uno schiocco, un altro. Delle grida ed è tutto finito.
Vai avanti, verso il prossimo quartiere, sapendo cosa ti aspetta.
Un altro schiocco, un’altra strage.
Vorresti che qualcuno ti fermasse; preghi,si, esatto, preghi che ti succeda qualcosa, qualunque cosa.
Tutto sarebbe meglio di quello che stai facendo, che stai passando ora. Ma nonostante tutto vai avanti. Continui a seguire quegli ordini insensati, strappando vite e pregando che qualcuno strappi la tua.
Uno schiocco.
Per quanto andrà avanti tutto questo?

***

-Sei in ritardo.
Due occhi blu la fissavano dal basso, mentre un enorme sorriso aleggiava sotto di essi.
-Ti sbagli, non è ancora scaduto il tempo. Ho vinto io la scommessa.
Il sorriso continuava a persistere, facendola innervosire. Quel dannato sorriso! Quando lo odiava!
-Sai..faresti meglio a controllare la precisione del tuo orologio. Qualcosa mi dice che è un po’ indietro.
Aggrotta le sopracciglia, non può aver fatto una cosa del genere. Spostare le lancette dell’orologio era scorretto, persino per lui. Forse..
-Hai spostato le lancette? – chiede, solo per conferma. Nel vedere il suo sorriso allargarsi capisce, che stupida era stata.
-Beh.. non avevamo dettato regole mi pare.
Lo fissa, ma lui continua imperterrito. Sa di aver vinto, e lei non può farci niente.
-Va bene Roy. Hai vinto tu. Contento?
Lui la ignora, con la mano le fa cenno di sedersi accanto a lui. Riza lo fa. Tanto ormai non ha più niente da perdere.
Fissano le stelle, una distesa infinita di puntini nel blu scuro del cielo estivo.
-Vorrei che restasse così per sempre. – E’ lui a parlare, lo sguardo fisso, deciso.
Riza lo guarda, ma dentro di sé sente che non sarà così.

***

-Era un tuo commilitone?
-No, un bambino di Ishbar. Gli avevano sparato e poi l’avevano lasciato in mezzo alla strada.
Non piange, non ancora. La colpa che pesa sulle sue spalle troppo pesante per essere ignorata.
-Andiamocene, la guerra è finita.
Lo dice, ma non lo pensa. Continuerà dentro di lui, e lo sa; sa anche che è lo stesso per lei. Non è uno stupido.
-Ho un favore da chiederle, signor Mustang. La prego. Voglio che bruci la mia schiena con le sue fiamme.

~ di -keyra- su 11 luglio 2010.

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